Per non dimenticare
Generazione Chernobyl,
il cancro in Italia
Il 26 aprile del 1986 la parola Chernobyl entrò di forza nelle nostre vite, nel nostro linguaggio, sotto la nostra pelle.
Lo fece di notte, all’una, ventitré minuti e quarantacinque secondi. Partì da lontano, dall’Ucraina, allora Unione Sovietica, ma ci raggiunse subito, per non andarsene più.
Quando la notte del 26 aprile del 1986 la centrale Lenin esplose prendendosi gioco dell’uomo, della sua scienza, della sua avidità, quando si sbriciolò per diventare cenere, polvere e leggenda, bruciando rapidamente alcune vite e prendendosi tempo per molte altre, la parola Chernobyl era già incubo.
Un fantasma che sotto forma di nube, avvolse per prima l’Ucraina, la Bielorussia, e poi l’Europa e l’Italia intera avvelenandola per sempre.
Iodio, cesio, tellurio, declinati con il loro numero di isotopi, e tutte le altre sostanze rilasciate dall’esplosione e cadute successivamente a terra, entrarono, nostro malgrado, nella catena alimentare.
A ventotto anni di distanza la parola maledetta incute ancora timore prima che rispetto.
Perché a causa di quella esplosione nucleare i morti sono stati molti e molti ancora ci saranno perché l’ambiente è avvelenato per secoli.
Nicole Dark
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