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domenica 5 maggio 2013

Nicole Dark - 5 maggio, morte di Napoleone!


Oggi 5 maggio, si celebra il 192° anniversario della morte di Napoleone Bonaparte, il più grande stratega militare che la storia moderna ha consegnato al mondo.


Nato ad Ajaccio in Corsica il 15 agosto 1769 e morto in esilio il 5 maggio 1821 nell'isola di Sant'Elena, Napoleone per un "pelo" non fu italiano. La Corsica, infatti, era di proprietà della Repubblica di Genova sino all'anno precedente quando i Genovesi la vendettero ai Francesi, molto interessati come sempre ad estendere la loro influenza sul Mediterraneo.

Napoleone, motivato da un'ambizione fuori del comune, con un coraggio impareggiabile, ben presto si impose con le sue vittorie. Ironia della sorte per noi Italiani fu la "Campagna d'Italia" che lo impose all'attenzione della Francia e di tutta l'Europa. Fu, infatti, nel nostro Paese che il giovane generale Bonaparte dimostrò per la prima volta le sue grandi capacità di stratega e di condottiero conseguendo, con mezzi limitati, una serie di brillanti vittorie e assicurando alla Francia il dominio su gran parte dell'Italia settentrionale e centrale. 

Napoleone con le sue vittorie militari riuscì, a diffondere gli ideali nazionalistici francesi. Nel 1799 conquistò il potere in Francia fino a diventare imperatore autoincoronandosi sul finire del 1804 nella Cattedrale di Notre Dame a Parigi. L'anno successivo, a nostra grande richiesta, divenne re d'Italia conservando il titolo sino al 1814. E in Italia, ci fu la prima UNIONE vera dato che prima di lui, l’Italia, era divisa in piccoli Stati e proprio grazie a Napoleone possiamo dire che inizia per noi il primo ardore per l’Unità che avverrà più tardi per merito dei nostri martiri. Il 18 giugno 1815 Napoleone subì la sconfitta definitiva a Waterloo (nella guerra della settima coalizione), la sua ultima battaglia dove gli  Inglesi riuscirono finalmente a batterlo e ad esiliarlo nella piccola isola di Sant'Elena dove morì 6 anni più tardi: il 5 maggio 1821.

Un commento, un ricordo alla sua impareggiabile vita nel bene e nel male, lo affidiamo alla stupenda Ode del nostro "Grande Scrittore e Poeta” Alessandro Manzoni: il “cinque maggio”. Nell'opera, scritta di getto in tre giorni dopo aver appreso dalla Gazzetta di Milano del 16 luglio 1821 le circostanze della morte di Napoleone, lo scrittore mette in risalto le battaglie e le imprese dell'ex imperatore nonché la fragilità umana e la misericordia di Dio.

Come nella tragedia "Adelchi", Manzoni affronta qui il tema dell'eroismo in una prospettiva particolare che ne mette in luce i lati cruenti e oscuri e, allo stesso tempo, che oscilla secondo la dinamica storica oppressi/oppressori. Dopo che per tutta la sua esistenza, Napoleone ricoprì il ruolo di oppressore, nel momento di morte si ritrova oppresso e vinto dal peso delle grandi imprese condotte, che ora gli si presentano come fallimenti.


Quando Napoleone morì (5 maggio 1821) la notizia in Europa si divulgò solo dopo qualche mese e si seppe anche che durante l'esilio Napoleone aveva ricevuto i sacramenti cristiani.

 Manzoni fu molto colpito da questo particolare e nel suo cantico non vede Napoleone come il "grande stratega" e il "genio della guerra", ma interpreta tutta la situazione sotto l'aspetto spirituale, Manzoni immagina come doveva soffrire Napoleone rinchiuso su un'isoletta dispersa e immagina anche come la fede e Dio abbiano avuto compassione nei confronti di Napoleone.

E’ noto che Manzoni non nutriva particolare simpatia per il “dittatore” e al contrario di molti letterati suoi contemporanei, non stese mai un'ode nei suoi confronti quando era ancora in vita.

E ha esplicitamente fatto intendere di non voler né denigrare né celebrare il personaggio storico, ma ha rimandato questo giudizio ai posteri (con una frase che diverrà celebre e rimarrà nell'uso comune della lingua italiana: "Fu vera Gloria? Ai posteri l'ardua sentenza",) i quali con maggior distacco potranno valutare meglio dei contemporanei, coinvolti nelle passioni dell'epoca.

 Manzoni rende esplicita la sua posizione neutrale e non servile nei confronti di Napoleone quando dice: “lui folgorante in solio vide il mio genio e tacque”,) rivendicando inoltre la sua onestà nel non averlo elogiato nemmeno quando era al massimo del suo splendore, a differenza di altri contemporanei. A dispetto della premessa dei primi versi (in cui l'autore dice di non avere mai preso posizioni favorevoli o contrarie al tiranno e di non volerlo fare in occasione della morte),  alla fine anche Lui, noto per la sua fede e militanza cattolica, si affianca ad altri contemporanei nell'apprezzare la figura di Napoleone.


Voglio concludere affermando come molti che Napoleone fu un vero genio nella strategia della battaglia.

Ma nonostante l’Italia lo avesse acclamato come re, e nonostante fosse più italiano che francese, lui non amò mai l’Italia e rubò a noi opere d’arte di encomiabile valore, ma tengo a precisare che la Gioconda non è stata rubata da Napoleone, si dice che lo stesso Leonardo l’abbia regalata o venduta alla Francia. 
 Quanto alla Gioconda però possiamo, forse, consolarci così: il Louvre, il più importante museo di Francia, è famoso in tutto il mondo e i turisti vi entrano non tanto per vedere i quadri locali, quanto e soprattutto per l’opera di un pittore italiano... È già una bella soddisfazione!


Nicole Dark 




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