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domenica 28 aprile 2013

Nicole Dark - La Repubblica di Weimar specchio dell'Europa contemporanea.




In questi ultimi tempi non si fa altro che parlare della repubblica di Weimar, un periodo turbolento che diede modo in Germania di far nascere il Nazismo.

Ne ha parlato qui a Prato al Teatro Umberto Cecchi, il professor Zeffiro Ciuffoletti dell'Università degli studi di Firenze,ha tenuto, una breve lezione sull'Europa turbolenta e instabile degli anni di Weimar, traendone un parallelo con l’Europa contemporanea, non meno turbolenta, con le sue guerre economiche e i suoi contrasti sociali. 
Ha fatto un parallelismo tra il Parlamento tedesco degli anni Venti, le cui decisioni erano in realtà frutto di scelte della Cancelleria, e quello Europeo di oggi che si trova nelle stesse condizioni, ingabbiato dalle decisioni prese dai poteri finanziari, veri organi esecutivi a livello mondiale. Ma un Parlamento che non controlla i capitali, non ha un potere effettivo. L’Europa di oggi è come la Germania degli anni Venti, attraversata da divisioni economiche e speculazioni, dall’incertezza politica e dall’individualismo, senza più ideali né fantasia.
il professor Ciuffoletti nella sua lezione, pur non riproponendo mai situazioni esattamente identiche,  dice che la Storia insegna che certe macro-dinamiche possono comunque ripresentarsi a distanza di secoli o decenni, e quanto accaduto negli anni di Weimar si sta di nuovo manifestando in questi anni.
 Andiamo con ordine: all’indomani della Prima Guerra Mondiale, l’Europa si ritrova profondamente cambiata; sono scomparsi i grandi Imperi Centrali, veri e propri punti di riferimento per milioni di individui nonché veri e propri esperimenti di unità a livello continentale, andati purtroppo falliti per un eccesso di bellicismo e per non aver compreso l’esigenza democratica dei loro popoli.

Milioni di persone, in Austria come in Ungheria, nei Balcani come in Germania, si ritrovarono a dover gestire quelle novità per cui tanti avevano combattuto, ovvero l’autodeterminazione da una parte, e la democrazia, dall’altra.
 In Germania nacque appunto, la Repubblica di Weimar, esperimento formalmente all’avanguardia per la costituzione che si riuscì a stilare, giudicata tecnicamente ineccepibile. In realtà, il corso della Storia non andò come sperato; all’instabilità sociale causata dall’inflazione e dalla crisi economica, si aggiunse il radicalismo delle classi sociali più elevate - nobiltà e alta borghesia -, ostili all’ordinamento democratico, mentre invece guardavano con favore al partito armato dei nazionalsocialisti, visto come ultimo baluardo contro il pericolo rosso di Stalin.
Scioperi e manifestazioni di piazza sfuggirono al controllo della sinistra che indirettamente può essere vista come responsabile della radicalizzazione di destra, che serpeggiò anche in larga parte del ceto medio. La scelta del Maresciallo Hindenburg come Presidente della Repubblica avvenne anche a causa dell’astensione al voto della sinistra. Alla sua incapacità di formulare concrete proposte politiche, si aggiunse da destra la volontà di porre un freno all’ingovernabilità consegnando il Paese al Partito Nazionalsocialista Tedesco dei Lavoratori  che poteva contare, ricordiamolo, sulle guarnigioni di SA poi trasformate in SS. La follia di Hitler mirava a far sì che la comunità si facesse Stato, e si esprimesse con una sola voce, quella del Cancelliere.
Ne derivò una delle più spietate dittature del Novecento, e una nuova guerra mondiale. 
Eppure, anche dopo di essa, la cui prima scintilla fu proprio la crisi di Weimar, furono ripetuti quegli errori strutturali, verrebbe da dire, che avrebbero “garantita” quella pericolosa instabilità politica. È il caso dell’Italia, costituitasi in Repubblica all’indomani del referendum del Giugno ’46, e dove era ancora forte il timore di una deriva autoritaria; fu questa considerazione a far decidere per una costituzione che non garantisse troppa forza al governo, ma la conseguenza principale è stata l’ingovernabilità: dal 1948, soltanto un esecutivo ha portato a termine il mandato di cinque anni.

Una situazione che ha creato nei decenni un forte distacco fra politica e Paese reale, con i cittadini sempre più delusi e amareggiati nei confronti di partiti senza idee. Proprio la fine degli ideali, in aggiunta a una grave crisi economica, fanno sì che oggi in Italia si ripropongano, le condizioni a causa delle quali cadde la democrazia di Weimar. La rielezione di Napolitano, la mancanza di un governo a due mesi dalle elezioni, il proliferare dei movimenti di piazza, l’aumento del disagio in conseguenza della crisi economica, sono segnali che non fanno ben sperare per una rinascita sociale dell’Italia. Ma timori del genere esistono anche per la Grecia.
Se analizziamo invece il caso tedesco, possiamo vedere come la lezione di Weimar abbia lasciato il segno, e siano state prese le dovute precauzioni per ridurre al minimo l’ingovernabilità, che si è capito essere un rischio per la stabilità democratica. E governi stabili hanno maggior margine di manovra per garantire la tenuta del sistema finanziario interno. Tuttavia, la perdita di potere dell’Unione Europea, soggiogata ai voleri della finanza, potrà avere forti ripercussioni anche sulla tenuta economica della Germania.
E per concludere credo che il governo che abbiamo da un solo giorno, sarebbe bene tenerselo stretto!


Nicole Dark 







domenica 21 aprile 2013

Nicole Dark - Per noi, nemmeno la Thatcher!


Non voglio commentare il modo caotico e selvaggio di come noi Italiani ci siamo apprestati, in questi ultimi giorni, a votare un nuovo Presidente della Repubblica perché, utilizzando un eufemismo, non ho parole … 
Quindi, dopo aver dato una sbirciata più scrupolosa verso il  popolo italiano, prendo sempre  più coscienza, (come molti studiosi del nostro popolo), che l’Italia è un Paese ingovernabile, persino dalla lady di ferro: Margaret Thatcher.

Voglio commentare un articolo di Piero Ostellino del “Corriere della sera” che parla proprio di Margaret Thatcher e del giudizio che noi Italiani le abbiamo dato.

Certo ora è facile, spargere lacrime per rimpiangerla. «Ma se fosse stata qui in Italia, l'avrebbero spedita a morire a Tunisi», dice Piero Ostellino. Lui parla della Thatcher, nel giorno in cui è morta, però dice che «chi fosse, e che cosa fosse la sua politica, solo i quattro gatti liberali l'avevano capito, allora». 
Gli altri – se ci fosse stata una Thatcher e fosse per caso comparsa sul suolo nazionale - le avrebbero fatto fare la fine di Bettino Craxi (ieri è spuntata una frase dagli appunti privati del leader socialista, che scriveva: «Ha restituito vitalità e prospettiva a un'economia che languiva e a un Paese un po' opacizzato, conservatore e nazionalista»).

Ora la celebreranno tutti?

«Certo. Ma in Italia il novanta per cento lo farà solo per retorica, per convenzione: in realtà la maggior parte non l'ha mai capita».

Perché?

«La Thatcher era un uomo politico che sapeva sfidare l'opposizione per imporre le sue idee. Aveva operato una scelta politica precisa, con un suo prezzo, per riscattare un'economia morta. E la resuscitò».

Ma spaccò il Paese e i sindacati.

«È scontato che i sindacati proteggano i lavoratori, ma le Trade Union erano ormai un ostacolo allo sviluppo e all'economia. E quando si arriva a questo punto ci vuole qualcuno che dica: la ricreazione è finita, ora dobbiamo salvare l'economia».
Perché pochi possono capirlo?
«Per una ragione semplice e storica: non siamo inglesi. Non abbiamo fatto nascere il liberalismo, attraverso le guerre di religione. È da lì che filosofi come Hobbes, Locke e tutto il pensiero liberale si sono sviluppati dal confronto di posizioni opposte. La Thatcher lo ha trasferito sul piano politico, senza paura di spaccare il paese».

E da noi non potrebbe succedere?

«Da noi? Noi non abbiamo mai avuto neanche una riforma, solo una controriforma. Da noi attaccavano Craxi, che era molto meno riformista della Thatcher. Da noi fare riforme, anche di sinistra, è impossibile: siamo un Paese legato alle corporazioni, e le corporazioni non vogliono riforme».

 E da noi ora si dice: ci fosse una Thatcher anche qui...

«Ma se spuntasse uno o una come lei, le farebbero la guerra e la farebbero morire a Tunisi. L'hanno sempre criticata, perché dicevano che era di destra: in Italia, appena uno è liberale gli dicono che è di destra. Ma non è così».
«È che il liberalismo in Italia non è mai arrivato, nel senso che non è mai arrivata la cultura liberale: solo una via di mezzo fra solidarismo cattolico e collettivismo marxista. Un pasticcio».

Anche a Tony Blair è stato rinfacciato di essere un erede della Thatcher. Sempre le stesse accuse.

«Non si è mai persa questa ostilità. Ma in Gran Bretagna è stato possibile che al potere salisse un uomo come Blair, un riformista laburista. Uno che ha capito che il Paese doveva svegliarsi».
Chi sono stati i più critici in Italia sulla Thatcher?

«Tutta la cultura politica nazionale. Che non è fatta per capire la Thatcher: per lei la politica era competizione, conflitto, che poi è il modo, diceva Einaudi, in cui avviene il vero progresso in democrazia. Da noi invece si tira fuori subito un'altra parola: dialogo. E si lascia tutto così com'è».

Nessuno l'ha capita?

«A parte i quattro gatti liberali... Il Pci le si opponeva, ma anche tutta la generalità degli intellettuali. Del resto la nostra è la peggiore intellighenzia del mondo, incolta, ideologica e non empirica: guarda non ai fatti, ma alle nuvole. Quindi no, non l'hanno capita, perché parlava un linguaggio che la maggior parte dei politici non poteva capire».

E ora:
«I giornali saranno pieni di retorica colta e conformista. Perché dei riformisti si fa l'elogio da morti. Ma da vivi li si vuole morti».

Concludo:

E così, dopo aver bene appurato che l’Italia è un Paese ingovernabile, poiché odia qualsiasi cambiamento, non ci si accorge nemmeno che il Feudalesimo è finito da un pezzo!
Ma questa è un’altra storia …


Nicole Dark 




domenica 14 aprile 2013

Nicole Dark - Costoso minuetto per (non) fare un governo


In Gran Bretagna, in Francia, in Germania, in Spagna, in Turchia – per non parlare degli Stati Uniti – il giorno dopo aver votato, i cittadini sanno chi li governerà per i prossimi anni e in pochi giorni il governo é nella pienezza delle sue funzioni. Noi italiani, invece, nonostante la “Costituzione più bella del mondo” decantata dalla retorica conformista, a più di un mese dal voto sappiamo solo che rischiamo di tornare presto alle urne.
Da almeno trent’anni tutti convengono sulla necessità di rendere efficiente, funzionale e moderno il nostro ammuffito sistema istituzionale ma mai si riesce a combinare qualcosa. Infatti, ogni parte politica fa generalmente proposte di riforma che ritiene possano favorirla, proposte che perciò vengono respinte dagli altri. Un penoso balletto che alla fine lascia tutto come prima, un sistema istituzionale nato 65 anni fa riprendendo lo schema ottocentesco dello Statuto albertino. Un minuetto ridicolo e inconcludente, assolutamente inadatto a una moderna democrazia, che ci rende patetici agli occhi degli osservatori internazionali.

Cari politici questa inefficienza e queste perdite di tempo comportano enormi sperperi, e credo che sia giunto il momento di lavorare e non continuare ad andare a spasso circondati da una miriade di guardie del corpo( pagati da noi servi della gleba) per darvi un tono da super! Facendovi vedere stressati perché sapete che c’è la tv! Ma state tranquilli che nessuno, a questo punto si sporcherebbe le mani contro gente che non rappresenta più il nostro Paese, bensì il proprio conto in banca! Quindi lasciate  stare le guardie del corpo che noi siamo stufi di pagarle! Alcuni le usano anche per andare al supermercato! Ma non vi vergognate? Purtroppo è finito il periodo dei Cavour, dei Mazzini, dei Garibaldi e di migliaia di altra gente che ci credeva! 

E penso che se i nostri (mi dà un gran fastidio questo aggettivo possessivo) politici amassero veramente l’Italia si dimetterebbero… 
Infatti chi è generoso, si fa da parte e capisce di non essere stato in grado di affrontare i problemi del Paese.  E penso che noi Italiani, il voto dovremmo darlo a chi non lo vuole. E sapete perché? Perché solo chi è umile da non volere il potere ha le caratteristiche necessarie nel riuscire a governare l’Italia. 

E concludo: 

E ricordatevi onorevoli, che dopo i minuetti, le danze si chiudono!

Ma è proprio strano il mestiere del politico!

Nicole Dark 




domenica 7 aprile 2013

Nicole Dark - Obama finanzia il “test della morte”




Obama finanzia il “test della morte”: 
prevede quando morirai e decide se meriti di essere curato!

L’indice di mortalità, sviluppato con fondi governativi, è stato pubblicato martedì. Il test sarebbe in grado di predire se un paziente morirà entro 10 anni. «È solo il primo passo, sarà il governo a decidere chi merita di vivere».
Barack Obama ha finanziato con fondi governativi “l’indice di mortalità”, un nuovo studio pubblicato dalla University of California che considerando 12 elementi legati allo stato di salute dei pazienti sarebbe in grado di predire se moriranno o no nei successivi 10 anni. Lo studio serve per “aiutare” i medici a capire se vale la pena curare un paziente, per malattie come cancro o diabete, con trattamenti costosi oppure no.

TEST DELLA MORTE. Come spiega il dottor Marisa Cruz, che ha guidato l’esperimento condotto su 20 mila adulti con più di 50 anni, l’indice pubblicato martedì scorso nel prestigioso Journal of the American Medical Association «non serve a cambiare lo stile di vita del paziente» ma a convincere il paziente che certi interventi medici «aggressivi e potenzialmente dolorosi» sono di fatto inutili. Tra gli elementi studiati, ci sono il fumo, il funzionamento dei reni, le capacità motorie, il peso, le capacità respiratorie, diagnosi precedenti su tumori, ecc. Ognuno di questi elementi dà un punteggio al paziente, che ne determina la probabilità di morire o meno entro dieci anni. I ricercatori sottolineano che l’indice non è una «verità incontrovertibile» ma un semplice «indicatore», che però aiuterebbe il sistema a non sprecare denaro in interventi medici inutili per pazienti che tanto moriranno nel giro di dieci anni provocando «inutili sofferenze».

NON TUTTI MERITANO DI VIVERE. Argomenti legittimi, secondo il dottor Manny Alvarez, a capo di numerose associazioni mediche americane e responsabile delle notizie di salute di Fox News, ma «creare un indice di mortalità non è la risposta. I pazienti devono essere trattati con rispetto, anche se ci sono poche speranze di vita. Non è il governo che deve decidere chi merita di vivere e di essere curato e chi no con un test».

PROBLEMA DI SOLDI. Per Alvarez «il test della morte è solo il primo passo. In futuro arriveremo a rifiutare le cure a tutti i pazienti sopra gli 80 anni perché tanto devono morire e così risparmieremo molti soldi. È un problema di soldi. Ma usare un segnapunti per decidere delle vite degli altri ci rende meno umani e non ci fa rispettare la santità della vita. E io mi rifiuto di farlo».



Nicole Dark 


sabato 6 aprile 2013

Povero mondo!....In Olanda "i club pedofili hanno il diritto di esistere"!!!

Da troppo tempo leggiamo di tutto e di più, ma questa notizia che vi riporto è veramente fuori da ogni ragionevolezza!


A quanto pare in questo paese civile chiamato Olanda la corte d'appello ha decretato, ribaltando la sentenza di primo grado, che NON può essere vietata l'attività di una specifica fondazione che PROMUOVE LA PEDOFILIA!

I fatti: circa un anno prima il tribunale aveva fatto sciogliere un gruppo STITCHING MARTIJN che proponeva rapporti sessuali fra adulti e bambini, fatto assolutamente contrario alle norme della società olandese...


Ma il giorno 2 aprile 2013 la Corte d'Appello ha ritenuto che le proposte per la liberalizzazione della pedofilia SONO UNA CONTRAVVENZIONE AI PRINCIPI DEL SISTEMA PENALE OLANDESE.

Un fatto orrendo e molto pericoloso e cosi si esprime Aurelia Passaseo presidente del C.I.A.T.D.M. Coordinamento Internazionale Associazioni per la Tutela dei Diritti dei Minori:




"SENTENZA PERICOLOSA E' FRUTTO DELLE TANTE BATTAGLIE CHE I PEDOFILI DI TUTTO IL MONDO CHIEDONO CON IL LORO INTERNATIONAL BOY LOVE DAY IL COSIDDETTO ORGOGLIO PEDOFILO CHE VIENE CELEBRATO IL SABATO SUCCESSIVO AI SOLSTIZI D'ESTATE E D'INVERNO. 
IN PRATICA UNA CELEBRAZIONE PER VEDER LEGALIZZATO IL LORO DIRITTO DI AMARE ALLA LUCE DEL SOLE I BAMBINI. 
LEGALIZZAZIONE DELLA PEDOFILIA. 

QUESTA SENTENZA PURTROPPO NON SOLO POTREBBE CREARE UN PRECEDENTE PERICOLOSO, MA DI FATTO SI PROPONE APRIPISTA PER ALTRI STATI ALLA LEGALIZZAZIONE DELLA PEDOFILIA. DEL RESTO DI FATTO I PEDOFILI DI TUTTO IL MONDO HANNO SEGNATO CON QUESTA SENTENZA UN PUNTO A LORO FAVORE, E, LA SOCIETA' TUTTA HA PERSO LA BATTAGLIA CONTRO LA LOTTA AL CONTRASTO DELLA PEDOFILI"





lunedì 1 aprile 2013

Ciao Califfo poeta di borgata!....."Tutto il resto è noia"!



Se n'è andato il Califfo, questo romantico spregiudicato, poeta di borgata, che ci ha fatto sognare con le sue canzoni e la sua voce assai particolare...

Una sensibilità fuori dalla norma così come una vita fuori dagli schemi che lo ha condotto molto spesso su strade dai più impraticabili...

Un personaggio dalle ambigue frequentazioni ma dalla straordinaria sensibilità, un animo gentile  , un genuino nonostante le varie esperienze non sempre "rette"!

Come non ricordare le sue canzoni da Minuetto cantata da Mia Martini e scritta con Bembo, La musica è finita interpretata da Ornella Vanoni con la musica di Bindi...E la chiamano estate...Semo gente de borgata....

L'elenco è assai lungo delle sue "opere" ma vorrei ricordarlo qui con un paio di canzoni che mi sono rimaste nel cuore:


  Tutto il resto è noia


La mia libertà



Ciao Califfo!

Le tue canzoni ci hanno accompagnato per molti anni della nostra vita e continueranno a farlo anche se tu non ci sei più! 

Le tue "opere d'arte" ti rendono eterno!


domenica 31 marzo 2013

Nicole Dark - Francesco un Papa povero che non piacerà a tutti


Vorrei commentare un articolo di Politi molto significativo sulle novità di Papa Francesco, un Papa che ci ha regalato e continua a farlo ogni giorno, forti emozioni.

Il suo programma è racchiuso nella scaletta di intervento, che l’allora arcivescovo argentino pronunciò in una delle assemblee plenarie dei porporati svoltesi alla vigilia del conclave. 

Nell’assemblea preconclave Bergoglio espone la sua visione di Chiesa e papato in modo organico. 

Evangelizzare – dice – significa che la “Chiesa esce da se stessa e vada verso le periferie (del mondo): non solo geografiche ma esistenziali”. Se invece la Chiesa rimane serrata in se stessa e “diventa autoreferenziale che significa fare riferimento solo a se stessa (…) si ammala”. I mali che con l’andar del tempo si manifestano nelle istituzioni ecclesiali – continuava l’allora arcivescovo argentino “trovano la loro radice nell’autoreferenzialità, una specie di narcisimo teologico”. La Chiesa autoreferenziale tiene Cristo dentro di sé e non lo lascia uscire.

In poche frasi l’allora arcivescovo di Buenos Aires condanna ben quattro volte questo atteggiamento. A suo parere esistono due modelli di Chiesa: la “Chiesa evangelizzatrice, che esce da se stessa (…) e la Chiesa mondana che vive in sé, di sé e per sé”. E qui Bergoglio offre un importante spiraglio sul futuro: “Ciò deve aprire la strada (letteralmente: dare luce) a possibili cambiamenti e riforme da fare per la salvezza delle anime”. Bergoglio indica quindi la necessità di un papa che sia un “uomo che, partendo dalla contemplazione di Gesù Cristo (…) aiuti la Chiesa a uscire da sé e andare verso le periferie esistenziali”. Una Chiesa, che deve essere “madre feconda della dolce e consolatrice allegria dell’evangelizzazione”.

E’ un Papa scomodo Jorge Bergoglio. Per ora in Vaticano tutti lo circondano dell’ossequio dovuto al nuovo padrone, ma lo sconcerto per la sua caparbia intenzione di comportarsi come “vescovo povero” comincia a irritare i prelati più conservatori. La domenica delle Palme Francesco aveva già eliminato l’anello piscatorio dorato, riprendendosi quello d’argento di Buenos Aires.

A due settimane dalla sua elezione abita ancora nella residenza Santa Marta, nella suite che di speciale ha solo un salone per ricevere i collaboratori. Il rifiuto di entrare nell’appartamento pontificio – che lui trova esageratamente grande come ha detto alla prima ispezione – costringe il suo staff a cercagli un’alternativa. Insomma, un Papa che predichi la povertà va bene: ma in Vaticano uno che vuole vivere in due stanzette, non ci voleva!

Qualche prelato ha già fatto sparire in occasioni pubbliche la croce d’oro, che indossava, ma non è che questo rende di buon umore tutti. Nei fatti la perdurante essenzialità e lo stile povero del successore di Benedetto XVI sta diventando un campanello d’allarme per chi in Vaticano indulge a quella “mondanità” di consumi, che Francesco non tollera, o si impegola in traffici economici poco chiari. Sono quelli, che vivono l’arrivo del Papa-vescovo come l’irruzione di un ispettore. L’accenno fatto dal Papa, durante la messa a Santa Marta, a quanti parlano male degli altri, alla “gioia oscura della chiacchiera” che equivale a “ciò che ha fatto Giuda”, è un altro campanello d’allarme per chi in Curia ha tramato, tagliando e cucendo. Bergoglio non è come Papa Ratzinger, che si addolorava e non agiva. Il pontefice gesuita non starà con le mani in mano.

All’udienza generale, Papa Francesco ha ripreso il tema dell’“andare verso le periferie dell’esistenza (…) verso i nostri fratelli e sorelle (…) i più lontani, quelli che sono dimenticati, che hanno più bisogno di comprensione e aiuto”. Poi ha esclamato: “Che pena tante parrocchie chiuse!”.

Punto di forza di Francesco (e di preoccupazione per quanti temono le sue riforme) è inoltre il fatto che non esibisce assolutamente la sobrietà. Lo è, e basta. Al conclave, quando gli hanno chiesto se accettava il pontificato, ha risposto: “Sono un grande peccatore, accetto confidando nella misericordia e nella pazienza di Dio”.



Nicole Dark 










domenica 24 marzo 2013

Nicole Dark 24 marzo anniversario dell'eccidio delle fosse ardeatine


Ci sono storie che sembrano inventate. 
Come questa. Il 24 marzo 1944, il giorno dopo l’attacco contro l’11a compagnia del III battaglione delle SS in via Rasella a Roma, dove restano uccisi 31 militari tedeschi e 2 civili (altri 10 soldati moriranno nei giorni successivi), per ordine di Hitler viene decisa una rappresaglia di 10 italiani per ogni tedesco ucciso.

Ci sono storie che sembrano incubi
Come questa storia di belve con sembianza umana, che ordinano: “Punizioni esemplari”. La Convenzione di Ginevra del 1929 fa esplicito divieto per gli atti di rappresaglia nei confronti dei prigionieri di guerra. Ma al comando tedesco non importa. Ci si aggrappa ai codici di diritto bellico nazionali che consentirebbero la rappresaglia. Ma si violano anche quelli: non si aspettano le 24 ore di rito perché i responsabili si consegnino, non si indaga su eventuali responsabilità, non si risparmiano civili innocenti, non si fanno avvisi alla popolazione. Ci vuole una punizione esemplare, una rappresaglia.

Ci sono incubi che sono storia. Una punizione esemplare, fatta dall’uomo regredito: ebrei, gente raccolta per strada, detenuti … L’importante è che la belva umana si plachi.
Ci sono incubi che durano 66 anni. Herbert Kappler, ufficiale delle SS e comandante della polizia tedesca a Roma, già responsabile del rastrellamento del Ghetto di Roma e delle torture contro i prigionieri nel carcere di via Tasso, comanda le operazioni. Un plotone di soldati tedeschi blocca l’accesso alla cava di arenaria, 4 camion portano 335 persone all’incrocio di via Fosse Ardeatine con via delle sette chiese.  E avviene l’eccidio. Poi, le mine, vorrebbero nascondere quell’eccidio perché sembra che anche le belve provino vergogna.

Ci sono storie che fanno orrore. Perché anche la terra ha ripugnanza e si ribella: i corpi senza vita emanano un odore così forte che i tedeschi sono costretti a tornare, il 25 marzo, per far saltare ancora la cava. E la voce si sparge sulle strade di Roma. Molti sanno cosa c’è lì sotto, Molti fingeranno di non saperlo.

Ci sono storie che sembrano un sogno o un incubo, che non riesce a spegnersi
335 persone innocenti massacrate per vendetta: E il vento continua a soffiare su questa storia. 
La memoria del passato è molto importante perché vi è un proverbio che dice che chi ricorda bene il passato difficilmente commetterà gli stessi errori nel futuro:
 ma ne siamo veramente sicuri?



Nicole Dark 






domenica 17 marzo 2013

Nicole Dark - 17 marzo Anniversario dell'Unità d'Italia


Il 17 Marzo 1861 l’Italia era finalmente libera dalla dominazione austriaca e questo giorno rimarrà per sempre nella storia della nostra penisola come un giorno di festa. Infatti, il 152°anniversario della nostra unità è un giorno molto importante, grazie ai grandi sacrifici dei martiri del nostro RISORGIMENTO.


 Siamo un paese giovane sulla carta, ma con migliaia di anni di storia e gloria: imperatori, re, pittori, scultori geni, sono stati soprattutto italiani.

 L’Italia ha dimostrato e dimostra ancora di essere un popolo molto creativo: il “made in Italy” viene esportato ed apprezzato in tutto il mondo

Dal nostro Paese provengono le grandi firme dell’alta moda, la Ferrari, le opere d’arte più belle, la cucina più imitata e stupende città come Roma, Firenze, Venezia, Napoli, Palermo, sono veramente uniche.

Ma noi siamo bravissimi a ignorare il bellissimo patrimonio che possediamo. E oggi 17 Marzo, sarà davvero una giornata all’insegna di un orgoglio tutto italiano? 

E siamo sicuri che l'Unità d'Italia sia avvenuta veramente?

I libri di storia lo riportano:

"Il 26 ottobre 1860, con lo storico incontro di Teano, Garibaldi consegnò a Vittorio Emanuele II tutti i territori da lui liberati. In epoca immediatamente successiva anche le Marche e l’Umbria furono annesse al regno sabaudo per mezzo di plebisciti. L’unificazione nazionale prendeva così corpo, anche se essa non era ancora completa perché il Lazio rimaneva territorio papale e il Veneto era in mano austriaca. Il 17 marzo 1861, Vittorio Emanuele II fu proclamato re d’Italia.” 

Ma ci sentiamo veramente un unico Paese? Un'unica Nazione? E da dove vengono allora le insofferenze tra regione e regione? E le smisurate spaccature tra nord e sud?  Sembrerebbe invece un Paese in continuo contrasto con se stesso, in permanente contrapposizione nord contro sud, est contro ovest, regione contro regione, città contro città: campanilismi infiniti, il tutto confuso dalla disorganizzazione, dallo spreco e dalla confusione completa.

Però quando gioca la nazionale ai mondiali di calcio (e vince) allora prendiamo finalmente il tricolore e lo sbandieriamo allegramente a destra e a manca.  Ma per il resto, l'orgoglio nazionale non c’è.

 E nemmeno la volontà di essere un'unica nazione e di costruire insieme il nostro futuro perché molto va perduto nelle contrapposizioni, negli sprechi, nella corruzione e nell'individualismo selvaggio.

 Quanti di noi hanno la bandiera tricolore in casa e la mostrano orgogliosamente nel loro giardino, come fanno gli statunitensi ad esempio? Eppure il nostro è un paese bellissimo, formato soprattutto da gente onesta, che ha voglia di lavorare ed è capace di emergere in molti campi riuscendo a competere con altre Nazioni altrettanto competitive. 

Purtroppo quello che ci manca è quel sano nazionalismo che servirebbe anche per difenderci dagli attacchi da parte delle altre Nazioni che invidiandoci, ci criticano e vorrebbero annientarci, non solo psicologicamente.

E quindi … mi chiedo:

Possiamo dire oggi che l'Italia è una Nazione unita?



MAURIZIO RUSSO - Settembre nel Cuore


Settembre nel cuore - la desolazione del pensiero 

Una presa di coscienza, di quando (finalmente) ci si guarda intorno... e la costatazione del nulla che ci circonda che coincide con il pensiero inaspettato.




Settembre nel cuore
  
Settembre soffia nel vento
con pulviscoli d'estate,
agita foglie
già d'autunno ramate.

Le onde schiumose
del mare in tempesta,
echeggiano l'ibrido vento
di salsedine pesto.

Incline al destino mutante,
dove solo ieri v'erano
città festanti,
ormai diventate
desolate lande.

Palpita incosciente
settembre nel cuore,
e rigenera impietoso
il ciclo vitale
della stagione autunnale.



Mi chiamo Maurizio Russo, scrivo da un po di anni ed anche se provengo da un territorio socialmente difficile, o più precisamente impegnativo come Casal di Principe, ho iniziato a scrivere per chiarirmi con me stesso prima che con gli altri. Ho preso così gusto all'opera di scrittura, quindi a lavorare agli scritti prestando attenzione alla forma estetica al di la dei concetti espressi. Non so dare indicazioni accademiche per il genere delle mie poesie, scrivo d'istinto, e per tanto accetto ogni genere di critica sulle mie pubblicazioni.

Collaboro da tempo con Radio l'Isola che non c'è sia nella lettura delle mie poesie che dando ampio spazio a questo tema assai affascinante!


Buona lettura ai frequentatori di queste pagine e se vi parrà il caso: 
fatemi sapere la vostra!!!

vinci995@libero.it



martedì 12 marzo 2013

Nicole Dark - Anniversario della morte di Giuseppe Mazzini



Oggi domenica 10 marzo ricorre il 141° anniversario della morte di Giuseppe Mazzini, l'apostolo dell'unità d'Italia. 

Il suo pensiero politico e gli ideali che lo hanno ispirato conservano tuttora intatto il loro valore:

Per Mazzini la politica deve essere al  servizio del cittadino per il bene comune; il senso del dovere deve essere una guida morale dell'agire dell'individuo; un amor di patria che rifiuta il nazionalismo esasperato, ma incoraggia all'impegno per la fratellanza e per l'Europa dei popoli; il principio della Repubblica come associazione di cittadini liberi e uguali sotto il governo della legge; l'esigenza della giustizia sociale quale integrazione necessaria della libertà politica.

Sono gli stessi ideali di libertà e democrazia su cui si fonda la Costituzione dell'Italia repubblicana; dobbiamo amare questa nostra repubblica perché è la prima e la sola che ha dato a tutti gli Italiani, la possibilità di vivere come cittadini liberi ed ha realizzato l'ideale risorgimentale di una patria libera e unita.

Ma c'è un altro aspetto dell'associazione mazziniana che mi piace sottolineare e che ci fa sentire Mazzini più vicino, in quanto fu contrassegnato, fin dalle origini, da una forte attenzione alla condizione delle donne.

Ma oggi, in un momento così grave di calo dei valori forti, e identitari della nostra storia ci piace ricordare Giuseppe Mazzini per il suo contributo alla cultura politica e civile del nostro Paese di cui gli Italiani e gli Europei gli sono debitori.
 
Proprio Giuseppe Mazzini, consapevole che "Senza unità non c'è forza", organizzò, già nel 1831, il movimento politico chiamato la "Giovine Italia ", programmando "l'Unione degli Stati Italiani in un'unica Repubblica con un Governo centrale. Mazzini anticipando di oltre un secolo, alcuni dei principi fondamentali della nostra Carta Costituzionale, pose alla base della sua associazione gli ideali di libertà, uguaglianza e democrazia, promuovendo un pensiero d’indipendenza, realizzabile soltanto attraverso l’unità di tutti". 

Lui voleva l’Italia: una, libera, indipendente e soprattutto REPUBBLICANA!


La scuola purtroppo ha dimenticato il grande pensatore. La storia del Risorgimento è poco conosciuta nelle scuole o appena accennata, se non del tutto dimenticata.

Infatti, io credo che conoscendo le proprie radici, si possa essere più vicini alla patria e sarebbe meglio sapere che sullo stesso suolo, tempo fa, molti Italiani sono stati torturati, imprigionati e uccisi solo perché ebbero un solo ideale: vedere la loro patria libera dal nemico che l’aveva conquistata e soggiogata.

Ricordo le parole dello scrittore Giovanni Bovio:

"GIUSEPPE MAZZINI povero contristato, schernito sognatore, tollera questi onori postumi, i soli consentiti dai destini, ai maestri.” 


E sinceramente voglio sperare che Mazzini e gli idealisti puri di un tempo non vedano com’è oggi diventata l’Italia, da loro tanto amata e rispettata con i princìpi che il nostro Risorgimento aveva edificato, princìpi di unità e di amore per una terra che appartiene a ciascuno di noi, ma che molto spesso i governi trascurano anteponendo la ricchezza e il potere personale al bene comune.
Politici o non politici che non appena giunti al potere dopo infinite campagne elettorali e votazioni, vengono all'istante contagiati dal delirio di onnipotenza che li rende ciechi e sordi di fronte al popolo ormai stufo e stremato dalle tasse, e senza un briciolo di decoro, riprendono a insediarsi nelle solite trasmissioni televisive come se nulla fosse, dimenticando che “formare un governo” è il primo e sacrosanto dovere di ogni democrazia.